Ultima modifica: 7 Febbraio 2020

La festa di Carnevale

Carnevale
è da sempre la festa dei bambini, ma coinvolge anche gli adulti.
Anzi,si potrebbe dire che è un modo per i grandi di ritornare
bambini,allegri e spensierati, approfittando di questi giorni per
giustificarel’allegria e le stramberie che raggiungono i livelli
massimi nellasettimana di chiusura del Carnevale.

Le origini
della festa sono religiose, infatti il Carnevale è collegato
direttamente alla Pasqua, che cade sempre la domenica dopo il
primoplenilunio (luna piena) di primavera.
Dalla Pasqua
si sottraggono 6 settimane (di cui 5 sono di Quaresima) ela settimana
precedente ad esse è quella in cui si festeggia il Carnevale.
Questa
parola deriva forse dal latino medievale “carnem levare”,
cioè “togliere la carne” dalla dieta, in osservanza al divieto
cattolico di mangiare carne durante la Quaresima.

Storia, maschere, costumi e filastrocche

Il Carnevale è il periodo di festa tra l’Epifania e il digiuno quaresimale nei paesi a tradizione cattolica. Per molto tempo si è creduto che l’origine del termine Carnevale derivasse da “carne levare”, ovvero prepararsi al digiuno quaresimale. Ed il fatto che per 40 giorni si dovesse digiunare per fede e per prepararsi alla Pasqua, doveva risultare non poco pesante per un popolo che già il digiuno lo faceva “forzatamente” per tutto l’anno. Dunque trascorrere un certo periodo prima della quaresima spensieratamente, per forza di cose doveva rappresentare quella valvola di sfogo per evitare che la gente, già in condizioni di estrema povertà, potesse trovare sfogo in rivolte. Il Carnevale è una festa allegra e divertente. Ci si può vestire come si vuole, ma un po’ di tempo fa, le maschere tipiche erano quelle come Arlecchino, Colombina, Pulcinella, ecc. In questo periodo c’è molta euforia e la gente va per le strade e le piazze divertendosi. I veri giorni in cui si svolge il Carnevale sono il giovedì e il martedì “grasso”. In Italia ci sono dei Carnevali molto famosi, ad esempio quello di Venezia, o quello di Viareggio. Durante i giorni del Carnevale, in queste città, si festeggia con maschere, carri che raffigurano personaggi famosi, coriandoli e stelle filanti.

LE MASCHERE ITALIANE DEL CARNEVALE

PULCINELLA

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Nato a Napoli, è di umore mutevole e pauroso. Ha un carattere poco affidabile e cerca di uscire dalla situazione in cui si è cacciato con ogni mezzo a disposizione. L’unico suo affanno è procurarsi il cibo, per il quale è disposto a raccontare bugie, rubare e farsi prendere a bastonate. Il suo ruolo spesso cambia: servo, capitano, vecchio, o falegname; qualsiasi sia il mestiere, il suo ideale di vita è il dolce far niente. Porta una camicia bianca con lunghe maniche che coprono le mani e un cinturone nero alla vita che mette in evidenza il pancione. I pantaloni sono molto ampi e morbidi. La sua maschera è nera con un grande naso aquilino.

PANTALONE

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Pantalone è una delle più antiche maschere veneziane. Piange sempre miseria ed è alla costante ricerca dei ”bezzi”, come erano chiamati i soldi di quell’epoca. Pantalone è un mercante ricco, avaro e pedante. I suoi servi patiscono la fame, perché ha la strana abitudine di cacciarli proprio quando è il momento di mettersi a tavola. Sulla scena gironzola con le braccia dietro la schiena, infila ovunque il naso adunco senza smettere di chiacchierare. Indossa casacca, pantaloni e calze rosse (tipico colore del mercante veneziano). Il cappello è nero, soffice e senza tesa. Indossa una sopravveste nera, ampia con maniche molto larghe, delle ciabatte senza tacco, con punte rivolte verso l’alto, come si usa in Oriente. La sua maschera ha il naso a uncino e una barbetta.

BALANZONE

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Balanzone rappresenta il simpatico dottore che usa un linguaggio apparentemente colto, ma in realtà insensato. Ha sempre la testa fra le nuvole, come stesse pensando a cose importantissime. E’ molto sensibile al fascino femminile, ma non è mai ricambiato. E’ burbero ma bonario, grande apprezzatore della succulenta cucina della sua città natale, Bologna. Indossa un abito nero, con polsini e gorgiera bianchi. Sulle spalle porta un’ampia toga. In testa porta un grande cappello nero con tesa larga rigirata. Tiene sotto braccio libri e manoscritti. La maschera che porta è nera e copre soltanto la fronte e il naso, quasi a sottolineare la sua grande intelligenza e cultura. Porta gli occhiali.

BRIGHELLA

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Nasce nei quartieri ricchi di Bergamo. Il suo nome deriva dal verbo brigare, che definisce un comportamento dispettoso. Sulla scena è spesso in contrasto con Arlecchino ma si rivela però più furbo, pronto a beffare il padrone, solitamente impersonato da Pantalone. E’ molto abile nel suonare, ballare, cantare e indossa una casacca su ampi pantaloni decorati con nastri verdi. Ha una maschera a mezzo volto che può essere di colore verde oliva, bordeaux o nera. I fori per gli occhi sono ampi, per permettere di cogliere il suo sguardo malizioso.

ARLECCHINO

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Nasce in uno dei quartieri più poveri di Bergamo ed è tra le maschere più conosciute. Rappresenta un servo in cerca di una vita migliore. E’ ingenuo e credulone e per non mettersi nei guai non esita a ingannare, tradire, raccontare bugie e fare dispetti. Poi si dispera e si consola con grande rapidità. Si trova sempre in mezzo ai guai mentre è alla ricerca disperata di cibo. I suoi movimenti rapidi, il modo di parlare cantando e il tono stridulo della voce divertono chi lo segue. Indossa pantaloni aderenti e giacca sfiancata con toppe multicolori. Porta, attaccati alla cintura, il “batocio” e la “scarsella”. Il “batocio” è un bastone a forma di spatola che veniva utilizzato dai bergamaschi per girare la polenta nel paiolo e per condurre le vacche al pascolo e che usa nelle zuffe. La “scarsella” è una piccola borsa dentro la quale tiene il pane, i soldi e la lettera del padrone da recapitare. In testa porta un cappello di feltro con un codino di coniglio in ricordo di un passato di cacciatore. In viso calza una maschera nera che non toglie mai.

COLOMBINA

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E’ la più conosciuta tra le ”servette”. Nata a Siena, sulla scena è spesso moglie o fidanzata di Arlecchino, ma anche se viene corteggiata dal padroncino o dai suoi amici, rimane fedele allo sposo o al fidanzato. Favorisce gli intrighi amorosi della sua padrona, raggirando il padre burbero e severo. Consegna bigliettini segreti e organizza incontri lontani da occhi indiscreti. Talvolta è bugiarda ma sempre a fin di bene. E’ civetta, intelligente, furba e chiacchierona. Veste un corpetto e un’ampia gonna a balze e ha un grembiulino provvisto di tasche in cui infilare i biglietti d‘amore. Sul capo porta una ”crestina”, il fazzolettino tipico delle cameriere, fermato da un nastro.

IL CARNEVALE IN SICILIA

Il Carnevale in Sicilia è sempre stato e sempre sarà il sinonimo della licenziosità, del divertimento estremo, dello sfarzo nel gioco, nel travestimento e nella tavola.

Anticamente i festeggiamenti legati a questa manifestazione profana e folcloristica duravano più di un mese, a partire dal giorno seguente l’Epifania e fino al giungere della più triste ed austera Quaresima, ma dopo il terremoto dell’undici gennaio 1693 la durata della festività incominciò ad esser ridotta ed attualmente essa dura una settimana da anteporre alla Quaresima che essa anticipa.

Da sempre la festa ha rappresentato lo specchio delle condizioni sociali, politiche e civili dei tempi, nonché tempio e massima rappresentazione della trasgressività.

Il termine utilizzato per designare la festa si ricollega a quello latino “Carnem Levare”, cioè al divieto ecclesiastico di consumare carne durante il periodo quaresimale.

Le origini della festa pagana per eccellenza sono antichissime: il periodo in cui si svolge fa pensare alla festa ateniese a sfondo dionisiaco delle Antesterie (fine di febbraio), quella ellenistica che si basa sulla processione del carronave di Iside che anticamente si svolgeva agli inizi di marzo e soprattutto ai Saturnali latini.

Le prime notizie storiche certe sul Carnevale siciliano risalgono al 1600 e riguardano la città di Palermo e, col passare degli anni, la ricorrenza assunse sempre più sfarzo nella preparazione degli addobbi, dei costumi e delle maschere e potere sul desiderio collettivo di evadere dalla routine e dal quotidiano.

Anticamente in Sicilia si poteva assistere a delle danze particolari, come quella “degli schiavi” durante la quale i partecipanti, travestiti appunto da schiavi, ballavano per le strade pubbliche al suono di antichi strumenti turchi come i tamburi, o la così chiamata “Balla-Virticchi” per la quale i partecipanti si travestivano da pigmei e trattenevano il popolo.

Tra le maschere siciliane più caratteristiche del passato occorre decisamente ricordare quelle dei “Jardinara” (giardinieri) e dei “Varca” note soprattutto nella provincia di Palermo e quelle dei “briganti” e quella del “cavallacciu” note soprattutto nel catanese.

Tra le altre maschere tradizionali del passato si possono ricordare quelle che servono da parodia ai maggiori esponenti delle classi sociali cittadine: si hanno così le innumerevoli rappresentazioni dei “Dutturi”, dei “Baruni” e degli “Abbati”.

Si può citare, ancora, la vecchia maschera della “Vecchia di li fusa” presente anticamente nella Contea di Modica. Si tratta di un travestimento per diventare, attraverso l’uso di una gonna sgualcita, un mantello che si annoda al collo ed un velo che parte dal capo, il simbolo della prossima morte del Carnevale.

Sempre in prossimità della città di Modica – Rg -, si trovano le città di Monterosso e Giarratana. Qui le maschere di Carnevale del passato più rappresentative erano quelle dei “‘Nzunzieddu”, cioè insudiciati, maschera così chiamata perché chi la impersona ha il viso sporco di fumo e terra rossa.

 

I PIATTI TIPICI DEL CARNEVALE IN SICILIA

Anche il fasto culinario legato al Carnevale è un degno segnale dell’abbondanza della ricorrenza: durante questa settimana si fa largo uso di sughi di carne e di pietanze elaborate, come i “maccheroni al ragù” (pasta in casa preparata con 500 grammi di farina e qualche uovo e condita, appunto, con il ragù preparato con cotenna di maiale e spezie) e l’antico “Minestrone del giovedì grasso” preparato nella Contea di Modica (prevede di unire non solo le classiche verdure come le patate, le fave secche sgusciate, una cipolla, prezzemolo, sale e pepe, ma anche il lardo di maiale privato di cotenna e tagliato a cubetti), di dolci ricchi come le “Teste di Turco” (delle frittelle dolci ripiene di crema ed uva passa prodotti a Modica – Rg -) e dolci meno elaborati come la “Pignoccata” (dolce preparato impastando farina, tuorli, zucchero ed un pizzico di sale; l’impasto così preparato è tagliato in tocchetti successivamente fritti in sugna bollente, sgocciolati e decorati con miele allentato con acqua d’arance e spolverati di cannella spellata; il dolce prende questo nome perché assume la forma di pigna). Infine le fanstastiche ed immancabili chiacchere.

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Ricetta chiacchere

Ingredienti

  • 300 gr di farina
  • 50 gr di burro
  • 3 uova
  • q.b. di olio extravergine di oliva
  • 1 pizzico di sale
  • quanto basta zucchero a velo
  • a piacere di liquore aromatico

Preparazione

  1. Impastare la farina con il burro ammorbidito tagliato a pezzi.
  2. Aggiungere le uova ed un pizzico di sale.
  3. Se si preferisce aggiugere all’impasto un bicchierino di liquore aromatico a scelta (ma non è necessario).
  4. Arrotolare l’impasto e farlo riposare per un’oretta in frigorifero, avvolto in della carta velina.
  5. Riprendere l’impasto e dtenderlo con il matterello, formando una sfoglia sottile.
  6. Ritagliare dalla sfoglia delle striscioline, con un taglia pasta.
  7. Formare ogni chiacchiera annodando le striscioline con se stesse.
  8. Friggerle in abbondante olio bollente.
  9. Lasciare asciugare le chiacchiere su della carta assorbente.
  10. Quando si saranno ben raffreddate cospargerle di abbondante zucchero a velo.

IL CARNEVALE DI MISTERBIANCO

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Il carnevale di Misterbianco è uno deipiù affascinanti e coinvolgenti dell’intera Isola e l’ultimatradizione, quella trentennale dei «costumi più belli di Sicilia» sicaratterizza soprattutto per l’alta fattura dei circa 1000 splendidivestiti da esibire, tutti indossati da “comparse indigene”.
Momentotipico del carnevale misterbianchese era quello legato alle “comari”:il giovedì antecedente quello “grasso” (detto appunto “delle comari”)le donne dei vari quartieri si riunivano di pomeriggio perchiacchierare, “cuttigghiari” e mangiare insieme. La sera, indossandoil “domino” (costume tipico che le rendeva assolutamenteirriconoscibili), usavano uscire in piazza per il tradizionale ballo dicarnevale.
Quella era l’occasione per conoscere meglio gli uomini,rimanendo nell’anonimato, e chissà… prender marito. Dal domino aicostumi più belli di Sicilia il passo è stato lungo e laborioso.

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Negli anni Settanta qualche sparuto gruppo cominciò a meglio organizzare le “maschere” e farle spostare nei diversi quartieri. I contadini, quindi, lasciarono presto il passo a scatenati ballerini e alle prime donne che soppiantavano, finalmente, gli orribili travestimenti degli uomini/donna. 1 carretti venivano sostituiti dai carri scenografici corredati di luci e musica brasiliana. Si dava così vita a quelle che oggi sono diventate delle vere e proprie parate di carri straordinari e costumi sfavillanti.

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In questi anni non sono mancati i “personaggi”, i “capi popolo”, coloro che con carisma e determinazione sono stati guida dei gruppi più numerosi e meglio organizzati.
Doveroso è ricordare Turi Giuffrida, inteso “Campanazza”, scomparso nel 1996, che è stato il vero artefice delle edizioni più interessanti degli anni ’80. Ma non possiamo dimenticare il suo più acerrimo rivale, Nino Marchese inteso “U sbirru” che ha introdotto per primo la cura particolare ai costumi e ai dettagli degli accessori.

Il circuito, di circa due chilometri, si snoda all’interno del centro storico di Misterbianco. I gruppi preparano intensamente, per circa tre mesi, le sfilate, curandone i dettagli ed ogni particolare. Sarte, costumiste, truccatrici, acconciatrici e comparse si incontrano, quasi ogni sera, nelle sedi delle associazioni. Scenografi, disegnatori, fabbri, carpentieri, elettricisti, fonici e operai improvvisati invece danno vita per l’occasione a dei veri e propri cantieri attrezzati di tutto. Sono centinaia i cittadini che per pura passione impegnano buona parte dell’anno a ideare, progettare e poi realizzare quello che in tre giorni diventa lo “spettacolo di Misterbianco”.