Ultima modifica: 31 Gennaio 2010

La festa di Sant’Agata

La Festa di Sant’Agata è la più
importante festa religiosa della città di Catania e si celebra in onore
della santa Patrona della città. Si svolge tutti gli anni dal 3 al 5
febbraio e il 17 agosto. La prima data è quella del martirio della
santa catanese, mentre la data di agosto ricorda il ritorno a Catania
delle sue spoglie, dopo che queste erano state trafugate e portate a
Costantinopoli dal generale bizantino Giorgio Maniace quale bottino di
guerra e dove rimasero per 86 anni.Sant’Agata è considerata la Patrona
dei pompieri.La festa è la terza al mondo per partecipazione di fedeli
: fra il 3, 4, 5 e 6 febbraio arrivano a Catania migliaia di persone
quasi fino ad un milione fra devoti provenienti da tutta Italia e
turisti e curiosi.

La giovane Agata visse nel III secolo.
Esponente di una famiglia patrizia catanese, sin da giovane consacrò la
sua vita alla religione cristiana. Venne notata dal governatore romano
Quinziano che decise di volerla per sé. Al rifiuto di Agata, la
perseguitò in quanto cristiana e, perdurando il rifiuto della giovane,
la fece martirizzare e mettere a morte il pomeriggio del 5 febbraio
251.

Subito dopo la morte cominciò ad essere
venerata da gran parte della popolazione anche di religione pagana. Da
qui si sviluppò il culto di Agata che si diffuse anche fuori dalla
Sicilia e ben presto il Papa la elevò alla gloria degli altari.Le
origini della venerazione di sant’Agata si fanno risalire all’anno
seguente il martirio, ovvero al 252. Il popolo nutrì subito una grande
devozione per la vergine Agata che si era votata al martirio pur di
difendere il suo onore e per non abiurare alla sua fede. I catanesi
furono orgogliosi di questa giovane che si rivoltò contro il volere del
proconsole romano. In questo si dovette innestare l’odio per
l’oppressore straniero.

Per quanto attiene la festa vera e
propria è molto difficile stabilire quale fu l’anno di inizio delle
celebrazioni. Secondo alcune testimonianze ancora prima della nascita
di Agata veniva celebrata una festa pagana durante la quale un
simulacro di una vergine veniva portato in processione per le vie della
città.

Un’altra tradizione viene riportata da
Apuleio ne Le metamorfosi, secondo la quale la festa della dea Iside
nella città greca di Corinto avrebbe molti punti di contatto con la
festa catanese. In particolare il popolo vestito di una tunica bianca
che partecipava ai festeggiamenti viene accostato al saccu, la tunica
di cotone bianco indossata in processione dai devoti, che tirano i
cordoni del fercolo, per trainarlo lungo il percorso.

Sicuramente i primi festeggiamenti a
sant’Agata, anche se non programmati, avvennero spontaneamente il 17
agosto 1126 quando le spoglie della santa catanese, trafugate nel 1040,
furono riportate in patria da due soldati, Gilberto e Goselino, dalla
città di Costantinopoli. Il vescovo di Catania Maurizio che si recò al
Castello di Jaci per accoglierle.Sparsasi la voce, nel corso della
notte, i cittadini si riversarono nelle strade della città per
ringraziare Dio di aver fatto tornare, dopo 86 anni, le spoglie della
amata martire Agata.I festeggiamenti erano per lo più di natura
liturgica e si svolgevano all’interno della Cattedrale. Ciò sarebbe
dimostrato in maniera indiretta da quanto avvenne il 4 febbraio 1169,
quando un tremendo terremoto rase al suolo la città di Catania
seppellendo sotto le macerie il popolo di fedeli che si trovava
all’interno della cattedrale, in preghiera, per la celebrazione del
martirio di sant’Agata. In quella occasione, secondo alcune cronache
dell’epoca, perirono oltre 80 monaci ed alcune migliaia di fedeli sotto
le volte del tempio crollato.

Soltanto nel 1376, anno di costruzione
della vara (fercolo), in legno, si presume che siano iniziati i
festeggiamenti con la processione per le vie della città. Dal 1209 al
1375 avvenivano processioni con il velo della santa. Il fercolo
attuale, tutto in argento su di un telaio in legno, fu ricostruito nel
1946 dopo che nel corso di un intenso bombardamento da parte
dell’aviazione britannica, avvenuto il 17 aprile del 1943, era stato
seriamente danneggiato quello preesistente, inaugurato nel 1519.Alla
festa puramente religiosa si affiancò una festa più popolare, voluta
dal Senato della città e anche dalla popolazione. A questo punto, per
evitare problemi di ordine pubblico, venne creato un regolamento al
quale dovevano attenersi gli organizzatori dei festeggiamenti. Pertanto
in abbinamento alla processione della vara per le vie cittadine, si
inserirono spettacoli di natura diversa per intrattenere i fedeli che
arrivavano da ogni parte della Sicilia.Fino al 1692 la festa si
svolgeva in un giorno solo il 4 febbraio.

Dal 1712 la festa assunse un’importanza
maggiore venendo strutturata su due giornate di festeggiamenti, il 4 e
5 febbraio; forse anche per il fatto che dopo il terremoto del 1693,
che rase al suolo tutta la città, Catania venne ricostruita attuando
una pianta ortogonale che rese la viabilità più facile con strade più
larghe e ordinate, ma soprattutto la città si era espansa e il giro dei
quartieri cittadini non poteva più essere effettuato in un solo giorno.
Verosimilmente la festa dovette subire delle interruzioni negli anni
successivi a due eventi drammatici che distrussero la città:

Nel 1669, in seguito a una eruzione
catastrofica dell’Etna che ricoprì di lava gran parte della città
rendendo impraticabile oltre il 50% della viabilità cittadina; Nel
1693, come già detto, per un terremoto di enorme magnitudo che
sconvolse il Val di Noto distruggendo completamente la città.Ai giorni
nostri la festa dura dal 3 al 5 di febbraio. Spesso la festa si
conclude il 6 mattino dopo la tradizionale “Salita di San Giuliano” che
i fedeli, trainando il fercolo, percorrono di corsa.In tutte le strade
principali del centro storico di Catania vengono approntate delle
illuminazioni artistiche che danno una particolare luce di festa a
tutta la città.

Tutti gli anni vengono variati i motivi
ornamentali ma l’effetto è sempre molto coinvolgente e suggestivo.Il
culmine di queste luci si ha alla sommità di via di Sangiuliano, dove
viene realizzato un enorme pannello, largo quanto tutta la strada, che,
come un grande mosaico di luci colorate, raffigura una scena della vita
di sant’Agata. Esso, per le sue dimensioni, è visibile da lontano e
rappresenta un grande affresco sullo sfondo del cielo stellato. Il tema
di tale fondale cambia tutti gli anni e rappresenta come una storia a
puntate della epopea della santuzza, vezzeggiativo con cui è chiamata
dai catanesi la vergine e martire Agata.

Molto antica è la tradizione dei cerei
o cannalori.

In principio, forse già nel XV secolo
erano quasi dei carri allegorici di Carnevale cambiavano foggia ogni
anno ed erano più di trenta. Al giorno d’oggi sono undici e
rappresentano le corporazioni delle arti e dei mestieri della città. Si
tratta di grosse costruzioni in legno riccamente scolpite e dorate in
superficie, costruite, generalmente, nello stile del barocco siciliano,
e contenenti al centro un grosso cereo. Queste macchine dal peso che
oscilla fra i 400 ed i 900 chili, vengono portate a spalla, a seconda
del peso, da un gruppo costituito da 4 a 12 uomini, che le fa avanzare
con una andatura caracollante molto caratteristica detta ‘a ‘nnacata.Le
cannalore, oltre a precedere la processione di sant’Agata nei giorni 4
e 5 febbraio, già 10 giorni prima iniziano a girare per la città
portandosi presso le botteghe dei soci della corporazione a cui
appartengono, scortate da una banda che suona allegre marcette. Gli
undici cerei hanno una posizione ben codificata nell’ordine da tenere
nel corso della processione alla quale partecipano:

1. Cereo di Monsignor Ventimiglia o di
sant’Aita. È il più piccolo e fu donato nel 1766 da Monsignor Salvatore
Ventimiglia allora arcivescovo di Catania.

2. Cereo dei rinoti. Questa è la prima
delle grandi cannalore in processione, essendo la più antica, ed è
costruita in stile barocco.

3. Cereo dei giardinera(giardinieri)
costruito in stile gotico, è sormontato da una corona ed è per questo
motivo che è soprannominato la regina delle cannalore.

4. Cereo dei pisciari (pescivendoli),
in stile rococò, si distingue per una corona floreale, pendente dagli
altorilievi del secondo ordine, che conferisce una sensazione di
movimento durante le evoluzioni dell’annacata.

5. Cereo dei fruttalora
(fruttivendoli), detto ‘a signurina (la signorina) per la sua semplice
bellezza. Si distingue per essere realizzato su di una base costituita
da quattro cigni.

6. Cereo dei chiancheri (macellai),
poggia su di una base costituita da quattro leoni ed ha, nella parte
alta, una statua di San Sebastiano patrono della corporazione.

7. Cereo dei pastari (cioè produttori
di pasta), è l’unico che ha tutt’ora il candelone centrale in cera, le
altre candelore hanno un cereo in plastica, (l’ultima candelora che
effettuò il cambio fu quella dei fruttivendoli, il vecchio cereo è
visibile nella cappella dell’addolorata nella parte destra della
basilica cattedrale di Catania, vicino la cappella di Sant’Agata,
risale ai primi anni del settecento ed è costruito in stile barocco.

8. Cereo dei salumeri; è costruito in
stile art noveau o liberty ed è realizzato su di una base costituita da
quattro cariatidi.

9. Cereo degli putiari (cioè osti), è
realizzato in stile impero ed è costruito su una base rappresentata da
quattro leoni.

10. Cereo dei pannitteri (cioè
panificatori) è il più grande e pesante di tutti ed è trasportato da
ben 12 portantini o vastasi. La prima sua costruzione risale al XVIII
secolo ed è costruito su di una base costituita da quattro statue di
Atlante.

11. Cereo del Circolo sant’Agata, è il
meno anziano degli undici ed è realizzato in stile neoclassico. In esso
sono raffigurati, oltre a sant’Agata, l’altro martire catanese
sant’Euplio.

Il fercolo di sant’Agata o vara (in
catanese), prima del 1379 era in legno dorato molto pregiato, è un
tempietto di argento che ricopre una struttura in legno, riccamente
lavorato, che trasporta il busto-reliquiario della santa catanese e lo
scrigno, in argento, entro cui sono custodite tutte le reliquie di
sant’Agata. Costruito nel 1518, in puro stile rinascimentale, è
finemente cesellato e ornato, sul tetto di copertura, da dodici statue
raffiguranti gli apostoli. Ha forma rettangolare ed è coperto da una
cupola, anch’essa rettangolare, poggiata su sei colonne in stile
corinzio.

Fu costruito dall’artista orafo
Vincenzo Archifel operante a Catania dal 1486 al 1533. Il fercolo, in
gran parte ristrutturato dopo i bombardamenti della guerra, è d’argento
massiccio. Si muove su ruote in gomma piena e viene trainato tramite
due cordoni, al cui capo sono collegate quatto maniglie, lunghi più di
200 metri, dai cittadini nel caratteristico saccu.Dall’addobbo floreale
della vara si può riconoscere se si è alla processione del giorno 4 o a
quella del giorno 5 febbraio. Infatti, i fiori che addobbano il
fercolo, sempre garofani, sono di colore rosa nella processione del
giorno 4 febbraio e di colore bianco nel giro interno del giorno del
martirio che si festeggia il 5 febbraio.Lo scrigno che contiene le
reliquie di sant’Agata è una cassa d’argento in stile gotico,
realizzata intorno alla fine del XV secolo dall’artista catanese Angelo
Novara. Il coperchio anch’esso in argento fu realizzato dallo stesso
artista che costrui la vara. Esso è riccamente istoriato con immagini
della vita di sant’Agata e contiene le sue reliquie racchiuse in
diversi reliquiari. Esse sono costituite dalle due braccia con le mani,
dalle due gambe con i piedi, dai due femori e dalla mammella oltre al
santo velo. I reliquiari che le contengono sono tutti di diversa
fattura in quanto costruiti in epoche differenti.Il busto della santa,
completamente in argento, è stato realizzato nel 1376 e contiene
anch’esso delle reliquie di sant’Agata. Infatti nella testa, ricoperta
da una corona donata dal re inglese Riccardo Cuor di Leone di passaggio
a Catania di ritorno da una Crociata, è stato inserito il teschio della
santa catanese, mentre nel busto è inserita la cassa toracica. Il busto
fu realizzato dall’artista Giovanni di Bartolo, su incarico del vescovo
di Catania, Marziale che esaudì un desiderio di Papa Gregorio XI, ed è
ricoperto da oltre 300 gioielli ed ex voto. Oltre alla già menzionata
corona, si possono citare alcuni dei più importanti gioielli donati
alla santa: due grandi angeli in argento dorato che sono posti ai lati
del busto di Sant’Agata; una collana del XV secolo incastonata di
smeraldi, donata dal popolo di Catania anche se molti attribuiscono
questo dono al viceré Ferdinando De Acuna; una grande croce riccamente
lavorata del XVI secolo; il collare della Legion d’Onore francese
appartenuto al musicista catanese Vincenzo Bellini; croci pettorali
appartenute a vescovi di Catania, Dusmet, Francica Nava, Ventimiglia;
un anello appartenuto alla regina Margherita che lo donò nel 1881 nel
corso di una visita a Catania.Il giorno 3 febbraio si ha l’inizio dei
festeggiamenti religiosi con la processione dell’offerta della cera a
sant’Agata, detta anticamente la processione della luminaria. La
processione, alla quale partecipano il clero, le autorità cittadine con
in testa il sindaco e la giunta comunale, gli antichi ordini militari e
cavallereschi, parte dalla Chiesa di Sant’Agata alla Fornace in Piazza
Stesicoro, detta a caccaredda, ovvero la fornace in cui sarebbe stata
martirizzata sant’Agata, per raggiungere, attraverso la via Etnea e
piazza Duomo, la Cattedrale di sant’Agata.La processione ha inizio con
la sfilata in corteo delle undici cannalore, questa volta non seguite
dalla banda. Seguono l’arcivescovo metropolita, i capitoli delle
basiliche Cattedrale e Collegiata, il sindaco con la giunta comunale,
autorità civili e militari oltre al clero dell’arcidiocesi. Il sindaco
si reca alla chiesa di San Biagio su di una carrozza settecentesca del
Senato catanese assieme ad alcuni membri della giunta mentre altre
autorità prendono posto in una seconda carozza più piccola. Da alcuni
anni le due carrozze sono esposte in permanenza nell’atrio del Palazzo
degli Elefanti, la sede del municipio di Catania.

I festeggiamenti del giorno 4 hanno
inizio con la messa dell’aurora. Essa rappresenta la prima funzione
religiosa in onore della santa. Con la chiesa invasa dai fedeli con il
camice bianco, si assiste prima all’uscita del simulacro e dello
scrigno dalla camera blindata in cui vengono conservati. La scena è
molto toccante e suggestiva con i cittadini che sventolando il
fazzoletto bianco esplodono nell’urlo:

« è ccu razia e ccu cori,

pi sant’Aituzza bedda,

ca stà niscennu,

cittadini!semu tutti devoti, tutti?

cittadini, cittadini,cittadini!evviva
sant’Agata,

cittatini!evviva sant’Agata.

tutti devoti, tutti?

cittadini, cittadini! »

Viene poi portato il mezzobusto
contenente le reliquie sull’altare maggiore ed ha inizio la messa detta
dell’aurora.

Durante il tragitto dalla camera del tesoro all’altare maggiore viene
intonato l’inno di sant’Agata.Alla fine della messa, il fercolo con
sant’Agata, preceduto dalle cannalore, inizia il giro esterno della
città. La prima parte del percorso si snoda sotto Porta Uzeda con ‘a
calata da marina e poi in via Dusmet passando sotto i bastioni delle
cinquecentesche mura di Carlo V. Qui fino agli anni settanta avveniva
un lancio di fettucce colorate da parte dei seminaristi. I platani
sottostanti, spogli di foglie data la stagione, si rivestivano così di
nastri colorati creando una fantastica immagine cromatica.Il fercolo
prosegue poi per le altre strade del giro esterno della città fra due
straboccanti ali di folla. Nel corso del giro effettua una sosta in
piazza Carlo Alberto davanti al Santuario della Madonna del Carmine.
Raggiunge poi la piazza Stesicoro dove si trovano i luoghi che
ricordano il martirio di sant’Agata. Qui infatti esistono la Chiesa di
Sant’Agata al Carcere e la Chiesa di Sant’Agata alla Fornace in cui la
vergine Agata subì il martirio. A questo punto c’è l’avvenimento più
caratteristico della giornata. Lungo a cchianata de’ Cappuccini, il
fercolo di sant’Agata viene trainato di corsa fino al culmine della
stessa, giungendo così dinanzi alla Chiesa di san Domenico, nella
omonima piazza.Raggiunta la Chiesa di Sant’Agata la Vetere, la prima
cattedrale di Catania, la processione si ferma qui per alcune ore.
Verso sera, dopo una messa nella piccola Chiesa di Sant’Agata la
Vetere, riprende il giro esterno della città che attraversa i quartieri
dell’ antico corso, dei cappuccini, del ‘u futtinu, di san Cristoforo e
degli Angeli custodi, per rientrare in cattedrale, alle prime luci
dell’alba e negli ultimi anni la mattina del giorno 5. Qui si da luogo
a fantasmagorici spettacoli di fuochi pirotecnici.

La festa ha inizio con il solenne
pontificale, concelebrato dai vescovi di tutta la Sicilia, in presenza
del legato pontificio che è solitamente un cardinale. Partecipano il
clero catanese al completo, le autorità civili e militari ed il popolo
dei fedeli. Nel pomeriggio, verso le diciotto, ha inizio il giro
interno della città. Il fercolo percorre la via Etnea fino al Giardino
Bellini, per deviare poi in via Caronda che percorre fino ad arrivare
in piazza Cavour o, come dicono i catanesi, ‘u bbuggu dove, davanti
alla Chiesa di Sant’Agata al Borgo, ha luogo uno spettacolo
pirotecnico.Alla fine la processione scende, lungo la via Etnea, verso
la cattedrale fino ai Quattro canti dove gira a destra per effettuare
di corsa a cchianata ‘i Sangiulianu. Questo è il momento topico dal
punto di vista spettacolare. Il fercolo trainato di corsa dai citatini
raggiunge la sommità della salita fra due ali di folla plaudente. Per
via dei Crociferi, la più bella strada barocca di Catania, il fercolo
si avvia verso la cattedrale. Viene effettuata l’ultima sosta davanti
al convento delle suore benedettine che, da dietro le grate del loro
monastero, intonano dei canti a sant’Agata. Quindi, quando il sole sta
per sorgere (o, più spesso, quando è già sorto da molte ore),
sant’Agata fa rientro in cattedrale salutata da un nutrito spettacolo
pirotecnico.Nel XVI secolo e forse ancora prima, era invalsa
l’abitudine, da parte di molte persone per lo più appartenenti alla
borghesia, di andare in giro mascherate per non farsi riconoscere. Non
è chiaro il motivo di questa usanza che poi degenerò in alcuni casi di
comune delinquenza. Infatti celati dalle maschere, molti
malintenzionati approfittavano della situazione per mettere in atto
azioni violente e delittuose. La motivazione di queste mascherate può
essere messa in connessione con la festa del Carnevale che solitamente
coincide con le feste agatine.Altro elemento di curiosità, coevo a
quello precedente, è costituito dalla figura delle ‘ntuppateddi.
Queste, dal Cinquecento e fino a metà Ottocento, erano delle donne,
appartenenti a varie classi sociali, che nei pomeriggi del 4 e 5
febbraio, si avventuravano da sole in giro per la città avvolte in un
grande mantello e con il volto completamente celato per non farsi
riconoscere. In quel tempo era un’usanza fuori dal comune che una
donna, sia sposata che nubile, uscisse di casa senza essere
accompagnata. Esse andavano in giro per la città accettando dolci e
regali da corteggiatori occasionali.

Molti anni fa, quando la processione
passava per il Castello Ursino, i portatori che trasportavano il busto
di sant’Agata caddero a terra trascinando con se il busto reliquiario
della santa; ma come per un miracolo il simulacro rimase pressoché
intatto.

Nel 1890 la vara di sant’Agata subì una
visita da parte dei ladri che asportarono le dodici statue degli
apostoli, in argento massiccio, ed altri elementi decorativi che fu
facile smontare. Il furto fu perpetrato da un gruppo di 25 malfattori
che agirono per oltre tre mesi con la complicità del Canonico Di Maggio.

Particolari i dolci legati alla
tradizione della santa catanese. Oltre alla famosa calia e simenza,
presente in ogni festa a Catania, vengono realizzati per la ricorrenza
alcuni dolciumi che hanno un riferimento a sant’Agata, come i
cassateddi di sant’Aita e le olivette. Si tratta di dolci
caratteristici della festa di sant’Agata e sono simbolici e attinenti
alla vergine catanese. Le cassateddi fanno riferimento alle mammelle
che furono strappate alla santa durante i martirii a cui venne
sottoposta per obbligarla ad abiurare la sua fede.Le olivette, invece,
si riferiscono ad una leggenda che vuole sia stato un albero di ulivo,
sorto improvvisamente, a nascondere la vergine Agata mentre era
ricercata dai soldati del console romano Quinziano.