Ultima modifica: 10 Novembre 2013

San Martino

 sanmartino
Martino di Tours (in latino: Martinus) nasce a Sabaria (Szombathely), in Pannonia (un’antica regione compresa tra i fiumi Danubio e Sava, che comprendeva la parte occidentale dell’attuale Ungheria) nell’anno 316 o 317 da famiglia pagana…

Suo padre, che era un importante ufficiale dell’esercito dell’Impero Romano, gli diede il nome di Martino in onore di Marte, il dio della guerra. Con la famiglia si spostò a Pavia, e quindicenne, in quanto figlio di un ufficiale, dovette entrare egli stesso nell’esercito e venne, quindi, mandato in Gallia. Quando Martino era ancora un soldato ebbe la visione che diverrà l’episodio più narrato della sua vita. Si trovava alle porte della città di Amiens con i suoi soldati quando incontrò un mendicante seminudo. D’impulso tagliò in due il suo mantello militare e lo condivise con il mendicante. Quella notte sognò che Gesù si recava da lui e gli restituiva la metà di mantello che aveva condiviso. Udì Gesù dire ai suoi angeli: “Ecco qui Martino, il soldato romano che non è battezzato, egli mi ha vestito”. Quando Martino si risvegliò il suo mantello era integro. Questo mantello miracoloso venne conservato come reliquia, ed entrò a far parte della collezione di reliquie dei re Merovingi dei Franchi. Il sogno ebbe un tale impatto su Martino che egli si fece battezzare il giorno seguente e divenne cristiano. Lasciato l’esercito, raggiunge a Poitiers il dotto e combattivo vescovo Ilario che lo ordina esorcista: un passo sulla via del sacerdozio. Per la sua posizione di prima fila nella lotta all’arianesimo, che aveva il sostegno della Corte, il vescovo Ilario viene esiliato in Frigia (Asia Minore). Quanto a Martino si fatica a seguirne la mobilità e l’attivismo anche perché non tutte le notizie sono ben certe. Fa probabilmente un viaggio in Pannonia e verso il 356 passa anche per Milano. Più tardi si trova in solitudine alla Gallinaria, un isolotto roccioso davanti ad Albenga, già rifugio di cristiani al tempo delle persecuzioni. Di qui Martino torna poi in Gallia dove riceve il sacerdozio dal vescovo Ilario, rimpatriato nel 360 dal suo esilio. Martino si adoperò per la conversione alla cristianità della popolazione gallica, facendo molti viaggi per predicare nella Francia centrale e occidentale, soprattutto nelle aree rurali. Nel corso di quest’opera divenne estremamente popolare e, nel 371, fu consacrato vescovo di Tours. Martino, però, si rifiutò di vivere nella città fondando, invece, un monastero, a 4 chilometri, che divenne la sua residenza. Il monastero, noto in latino come Maius monasterium (monastero grande), divenne in seguito noto come Marmoutier. Non ha la cultura di Ilario, e un po’ rimane il soldato sbrigativo che era, come quando abbatte edifici e simboli dei culti pagani, ispirando più risentimenti che adesioni. Ma l’evangelizzazione riesce perché l’impetuoso vescovo si fa protettore dei poveri contro lo spietato fisco romano, promuove la giustizia tra deboli e potenti. Con lui le plebi rurali rialzano la testa. Sapere che c’è lui fa coraggio. Questo spiega l’enorme popolarità in vita e la crescente venerazione successiva. Quando muore a Candes, l’8 novembre 397, si disputano il corpo gli abitanti di Poitiers e quelli di Tours. Questi ultimi, di notte, lo portano poi nella loro città per via d’acqua, lungo i fiumi Vienne e Loire. La sua festa si celebrerà nell’anniversario della sepolturaa avvenuta l’undici novembre e la cittadina di Candes si chiamerà Candes-Saint-Martin. Migliaia di chiese in Europa e nel mondo sono dedicate a S. Martino; il suo nome è stato dato a migliaia di paesi e villaggi in Italia, in Europa e nelle Americhe. Significato del nome Martino: “sacro al dio Marte” (latino).

castagne

 

La data dell’11 novembre era ben nota  nelle campagne perché coincideva con la fine dei contratti agricoli annuali e il pagamento delle tasse e dell’affitto. Sì, perché un tempo ai proprietari terrieri era più conveniente avere dei mezzadri annuali che potevano essere licenziati alla scadenza del contratto, cioè l’undici novembre.
Di conseguenza, l’avvicinarsi di questo giorno era vissuto come un incubo, oppure come una liberazione a causa dell’esosità dei proprietari. Tanto che la stessa data era anche diventata sinonimo di cambio di casa e trasloco onde veniva detto “far San Martìn”.
Tutte scadenze che comportavano spese per cui me barba, mio zio, Giovanni ripeteva nelle prime serate di filò, di stagione: “San Martìn el vien ‘na volta a l’ano, s’el vegnese ogni mese el saria ‘a rovina del paese”.
Anche i capponi, per le “onoranze” dovute al padrone, dovevano essere pronti per questo giorno. Così qualche tempo prima, le pollastrelle “da ovo” venivano separate dai galletti pronti per essere fatti capponi. L’intervento era rudimentale e molto sbrigativo. Presi per le zampe, stretti fra le ginocchia si incrociavano loro le ali e con un paio di vecchie forbici si praticava un taglio nella regione dove con un dito si estrevano i “cosidetti”. Ricucita la ferita, la si cospargeva di cenere come disinfettante e si tagliava la loro cresta innestando sulla testa una piuma variopinta.

Questo giorno era un “giorno endegàro” e serviva anche ad indicare il tempo per il resto dell’autunno; così per esempio allora si diceva: “Se xe vento el dì de San Martìn, tuto el mese xe vento de garbin”. Tempo nebbioso, poiché “Garbin barbassa quel che trova el lassa”.
Veniva anche accesa una candela e se la fiamma si piegava a sera o a mezzogiorno sarebbe stato un inverno asciutto; al contrario, se voltava a mattina, un inverno umido e garbinoso.
Questa festa era anche ispirata alla svinatura e all’inizio del ciclo invernale: “A San Martìn casca le foie e se spina el bon vin”, oppure: “Da San Martìn el mosto deventa vin”.

San Martino

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Martino nacque nel 316 o 317 nella provincia romana della Pannonia, l’odierna Ungheria. Il padre, militare, chiamò il figlio Martino, cioè piccolo Marte, in onore del dio della guerra…

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